sabato 29 novembre 2025

Maurizio Verdenelli un giornalista con la schiena dritta che non ha paura di nulla


In occasione della recente presentazione di un libro dell’artista Irene Diprè in cui è stato prefatore e volendo ricordare la probabile uscita entro breve tempo di un suo nuovo libro, in questo articolo abbiamo voluto tentare di ricordare le fasi salienti della carriera giornalistica del giornalista Maurizio Verdenelli che è iniziata oltre cinquanta anni fa e continua ancora oggi. Lo abbiamo fatto per ricordare insieme a lui anche tanti altri colleghi che hanno fatto o fanno ancora oggi questo mestiere con la schiena dritta. Verdenelli è solo il primo di una lunga serie di colleghi dei quali vogliamo raccontare le loro lunghe carriere giornalistiche e speriamo di poterlo fare spesso e con continuità e, se vorranno, racconteremo le carriere di tanti altri amici e colleghi che, come nel caso di Verdenelli, lo meritano.

 Parlare della carriera giornalistica di Maurizio Verdenelli significa dover mettere in evidenza più di cinquanta anni di lavoro che ancora oggi continua. Lui ha avuto tanti grandi maestri fin da quando ha iniziato a fare il giornalista ed ha fatto davvero tantissima gavetta. Ha diretto redazioni di giornali importanti sia a come La Nazione, Il Messaggero e non solo; lo ha fatto sia a livello di redazioni locali ed ha avuto anche importanti incarichi nelle redazioni nazionali di diversi giornali. Ha avuto rapporti professionali anche con colleghi importanti e tra questi ultimi citiamo Luciano Teodori, Emilio Fede, Lucio Biagioni, Vittorio Emiliani e diversi altri. Nella sua più che cinquantennale carriera si è occupato di fatti di cronaca importanti ed ha portato avanti inchieste su fatti italiani che sono molto conosciuti anche perché alcuni di essi non hanno avuto ancora una soluzione definitiva. Nel giornalismo locale e nazionale ha avuto ed ha ancora tanti amici, uno su tutti è il fotografo maceratese Pietro Baldoni da tutti conosciuto con il soprannome di Briscoletta con il quale ha collaborato a lungo quando dirigeva la sede di Macerata de Il Messaggero. Verdenelli è sempre stato ed è uno di quei giornalisti che non ha mai avuto paura di guardare in faccia alla realtà del passato e di oggi e non ha mai avuto paura di prendersi la responsabilità delle proprie azioni neanche quando ha ricevuto querele o altre cose ancora che fanno parte del mestiere del giornalista. E’ uno di quei giornalisti che si può definire con la schiena dritta e che, anche quando dirigeva un giornale, non rimaneva seduto in ufficio e solo a dirigere ma, quando serviva, era sempre nei luoghi dei fatti o, come si dice oggi, era sempre sul pezzo. E’ stato ed è stimato non solo da tanti comuni cittadini, ma anche da persone dello sport, dello spettacolo, della cultura o della giustizia ed infatti tra i suoi estimatori ha anche diversi giudici ed avvocati. E’ stato anche un buon insegnante ed ha sempre fatto capire di avere amato anche questa professione che gli è servita in passato e gli serve ancora oggi anche nel giornalismo. Verdenelli è umbro di nascita e maceratese di adozione ed infatti in Umbria è molto stimato e rispettato e lì ha lasciato un importante segno professionale avendo contribuito in modo inequivocabile a fondare l’Ordine dei giornalisti dell’Umbria dove è tutt’ora iscritto. Non rimpiange il modo in cui il giornalismo si faceva in passato ma si è dimostrato e si dimostra molto moderno e, dopo averlo attentamente studiato, ha capito ed accettato le potenzialità del giornalismo che viene proposto via internet. E’ stato ed è un ottimo giornalista televisivo e, nelle Marche quando ha potuto, ha collaborato con alcune reti televisive locali.; lo fa ancora oggi collaborando con TVRS, una rete televisiva marchigiana con sede a Recanati e non solo. In quella tv Verdenelli conduce, alternandosi con altri colleghi, una trasmissione che si intitola: “Fatti e commenti”, con una sorta di rassegna stampa locale e con alcuni fatti commentati e trattati da ospiti in studio. Come detto poc’anzi non gli dispiace neanche collaborare con giornali che vengono pubblicati su internet ed in questo senso collabora tra gli altri con: Cronachemaceratesi, Picchionews, Youtvrs e diversi altri. Gli piace anche molto la radio e, in questo senso, collabora di tanto in tanto con Radio Nuova Macerata. Nella sua lunga carriera Verdenelli ha anche portato a battesimo e diretto giornali sempre a livello locale che ancora oggi ricordiamo e tra questi vanno citati: Piazza Libertà che fu anche una trasmissione televisiva in onda a cavallo tra la fine degli anni ’90 ed i primi anni del 2000 su una tv che si chiamava Tele Macerata TM6 e Punto a Capo. Ha lanciato tanti giornalisti e tra questi ricordiamo: Emanuela Fiorentino, Maria Grazia Capulli, Luca Patrassi, Ariana Kosova e davvero tanti tanti altri, alcuni dei quali hanno fatto carriere in giornali, tv e network nazionali. Ha avuto rapporti di collaborazione ed ha portato avanti progetti interessanti e performanti nel giornalismo e nella cultura nazionale con Università ed enti importanti come la Provincia di Macerata e non solo. Da direttore davvero molto esperto si occupava e si occupa di più di un argomento senza avere alcun problema e, poi, ha scritto molti libri cercando di occuparsi con attenzione molto alta di molti casi ed infatti si è molto occupato nei suoi libri del caso Mattei e di altri casi di cronaca e non solo. Ha avuto molto a che fare con lo sport, la cultura ed ha avvicinato personaggi molto importanti intervistandoli e tra questi ricordiamo le gemelle Kessler che ha recentemente ricordato dopo la loro morte, diverse persone che collaboravano a vario titolo con Enrico Mattei, Tito Stagno e tanti tanti altri.  Oltre a scrivere diversi libri di propria iniziativa, Verdenelli ha fatto da prefatore in tanti altri libri e lanciato anche giovani scrittori; uno di questi è il sarnanese professor Francesco Torresi che ha scritto un libro sul caso De Rotschild di cui Verdenelli si è occupato fin dagli anni ottanta quando iniziò e di cui si occupa ancora oggi, epoca in cui del caso si parla ancora. Verdenelli ha anche due figli ed uno di essi, Benedetto, è anche lui giornalista e si è occupato soprattutto di sport. Nella sua lunga carriera Verdenelli ha scritto o è intervenuto su libri dedicati a personaggi importanti come ad esempio Don Giuseppe Branchesi  che è stato fondatore e Presidente fino praticamente a quando non è deceduto dell’associazione nazionale Polentari d’Italia che organizza oggi una importante manifestazione a Santa Maria in Selva e praticamente in tutta Italia. Recentemente poi Verdenelli nelle Marche è stato protagonista di diverse manifestazioni: una ha riguardato il ricordo dell’attore di cinema Romano Gigi Proietti, un’’altra la presentazione del libro della maceratese Irene Diprè: La Rapsordia degli uomini di Dorothy e altri massacri”, libro in cui Verdenelli è stato prefatore che è stato presentato a Macerata alla bottega del libro nel mese di novembre 2025 ed infine è stato protagonista di diversi eventi dedicati a Mattei e, come detto, al caso DeRotschild. Va detto, inoltre, che Verdenelli ha presentato i suoi libri non solo a Macerata, ma anche nei paesi limitrofi a Macerata, nella maggior parte della regione Marche, nonché a livello nazionale e, sempre recentemente, si è occupato anche di legalità insieme al dottor Giorgio Iacobone e a diverse altre persone che si occupano di legalità e giustizia. Verdenelli non è ancora stanco di fare e di insegnare giornalismo e di incidere nei vari settori del giornalismo e nella cultura italiana ed infatti, a breve, dovrebbe uscire un suo nuovo libro che, speriamo sia lanciato al più presto. Va detto poi che non si stanca di aiutare i giornalisti a diventare tali e a crescere e, ultimamente, sta cercando di accompagnare verso il giornalismo una nuova aspirante giornalista Emanuela Scattolini, alla quale auguriamo il meglio in questo nostro mestiere. Verdenelli è anche amante, come detto della nuova cultura e della buona musica ed infatti sta facendo conoscere nel territorio marchigiano quando è possibile, la cantante lirica, poetessa e pianista romana di nascita ma maceratese di adozione Tatiana Chiarini. Anche il sottoscritto Francesco Ciccarelli deve molto a Maurizio Verdenelli che, diciamolo chiaramente, è un giornalista completo, poliedrico, uno di quelli che nel giornalismo di oggi forse, è raro trovare ed infatti chi ha lavorato con lui e ci lavora ancora oggi deve tenersi stretti i suoi insegnamenti e sperare che voglia ancora a lungo lavorare nel giornalismo con la sua lunga esperienza. Meriterebbe anche dei premi speciali alla carriera e l’associazione culturale “Voce Aperta” vuole lanciare questa idea.


lunedì 17 novembre 2025

Morte del Maestro direttore d’orchestra Giuseppe Vessicchio Il ricordo del musicista e collega di Radio Monteco Web Venanzio Pennesi

Recentemente la musica italiana ed internazionale ha perso il direttore d’orchestra Maestro Giuseppe Vessicchio protagonista di una trentina di Festival di Sanremo e di una carriera lunga e piena di soddisfazioni. Poco tempo fa ha suonato diretto da lui un musicista e nostro collega di Radio Monteco web, Venanzio Pennesi che ha voluto ricordarlo ai nostri microfoni.

In quale occasione hai suonato diretto dal Maestro Vessicchio?

“Innanzitutto ben trovati a tutti quanti. Grazie per questa occasione di potermi raccontare al tuo microfono. Io quest’anno ho partecipato ad uno dei più grandi eventi a livello mondiale che riguarda la musica rock; il “Rock in 1000” che si svolge a Cesena e quest’anno è il decimo anniversario e abbiamo suonato in due serate. La serata in cui ho suonato io il 27 luglio, uno dei due direttori d’orchestra era il maestro Beppe Vessicchio. Siamo abituati a vedere Beppe Vessicchio siamo abituati a vederlo in tv a Sanremo piuttosto che quando è stato ad Amici che porta sempre il suo sorriso anche nelle cose più serie. Lui lì a Cesena è venuto a fare le prove generali e poi ha diretto il concerto della serata, tant’è che tutt’ora se si va sui canali ufficiali di Rock In 1000 si possono vedere molte scene in cui c’è il maestro che ci dirige”.

Quali brani avete proposto voi con il vostro gruppo?

“Lì al Rock In 1000 non era il mio gruppo, ma era un gruppo gigantesco di mille persone; dunque c’erano i due direttori d’orchestra e, come dicevo prima, uno era il maestro Beppe Vessicchio e poi con i clic sulle orecchie proprio per riuscire ad avere un suono più omogeneo possibile. Quindi abbiamo spaziato dai Foo Fighters, ai Queen, a Bruce Springsteen, i fast quel gruppo musicale di Perugia e poi c’erano che erano ospiti ed hanno suonato con noi i Negramaro prima Sangiorgi che si è messo in mezzo alle persone disponibilissimo e c’era anche la Michelin con la presentazione di Ludovica Comello che ha fatto anche un pezzo dei Queen- Quindi è stato un repertorio molto moderno e il maestro si è prestato anche a questo. Nel pomeriggio si è presentato, ci ha dato anche consigli al microfono dicendo di fare quello che sapevamo fare con facilità cercando di non inventarsi nulla perché la musica è bella. E’ vero che prevede a volte fantasia, ma spesso per farla bene non bisogna inventarsi nulla; bisogna farla bisogna farla semplice perché sia anche alla portata di tutti”.

C’è stato un consiglio particolare che il maestro ha dato a voi?

“Quello di essere semplici. Il modo migliore per riuscire bene nella serata era quello di essere semplici, seguire gli spartiti e non fare i protagonisti perché poi lo spettacolo doveva essere quello di fare musica ad ogni suono e ti garantisco, che mille musicisti tutti insieme se ci fosse anarchia sarebbe veramente un caos incredibile. Poi lui è stato il protagonista anche del giuramento che abbiamo fatto ad inizio concerto, perché i musicisti di Rock In 1000 fanno una sorta di giuramento ad inizio concerto e questo è come lui si è presentato, in maniera molto umile e a disposizione. Ricordo una cosa semplicissima; la prima volta che abbiamo provato con lui la mattina, debbo essere sincero, la prova è venuta uno schifo e lui disse: ragazzi non vi preoccupate siete bravissimi, più tardi riproviamo e andrà tutto bene bene. Una positività assurda”.

Quale era, secondo te, la sua capacità di essere un uomo consumato di spettacolo, ma anche un direttore d’orchestra serio?

“Ma, secondo me, lui come altri del suo calibro sono contraddistinti da umiltà e da amore per la musica per quello che fanno e, soprattutto il sorriso in quello che fa che rende unico quello che fa”.

Quale traccia lascerà il Maestro Vessicchio nella musica italiana a parte le composizioni che ha arrangiato, secondo te?

“Io credo che lui abbia fatto capire che si può essere direttori d’orchestra, perché lui era direttore d’orchestra, sia per la musica classica che per la musica concertistica appunto, che per la musica leggera e la musica rock. L’importante è mettere davanti a tutto la voglia di fare bene di far bene la musica e di farla prima di tutto per se stessi e per l’animo di chi la ascolta”.

A te che sei un uomo di spettacolo e di radio quale esempio  lascia il Maestro Vessicchio?

“Io debbo ripetermi purtroppo, perché quello che mi lascia è il modo di affrontare tutto con il sorriso, che non significa ridere di  quello che si fa. Ma significa farlo serenità. Questo credo che sia il più grande insegnamento e la cosa che potremmo trasmettere noi anche agli altri ai più giovani che si apprestano, magari, a fare spettacolo piuttosto che musica o semplicemente il lavoro quotidiano di tutti i giorni che possa essere in fabbrica piuttosto che in ufficio”.

Vuoi aggiungere altre cose sul Maestro Vessicchio?

“Quello che ho detto prima, che sicuramente lascia un vuoto nel cuore di tutti. Io credo che nei prossimi giorni, da Amici a Sanremo quando ci sarà tra qualche mese, non mancheranno ricordi in questi programmi e in questi eventi. Ti faccio solo un piccolo esempio; io ho fatto da poco un post su TikTok mettendo la foto che gli ho scattato personalmente quando eravamo lì a Cesena e ho associato Beppe Vessicchio ad un brano che a me piace tantissimo del Maestro Ennio Morricone. Ho voluto così immaginare che insieme stiano facendo ora musica con gli angeli e stiano allietando il paradiso che già di per se è un paradiso, ma con loro è un paradiso ancora più armonioso”.

 

 

 

 

Il mio nome è Gigi Storia biografica ed artistica di Gig Proietti

 

A Macerata è stata organizzata nel mese di novembre 2025 una conferenza per ricordare l’attore romano Gigi Proietti in occasione del suo ottantacinquesimo compleanno e della sua morte. Entrambi gli eventi, cioè la nascita e la morte dell’attore, sono avvenuti il 2 di novembre. A coordinare la conferenza è stato il giornalista Maurizio Verdenelli che abbiamo ascoltato.

Quali argomenti avete trattato in questa conferenza?

“Si è trattato di una rivisitazione della biografia di Gigi Proietti a cinque anni dalla sua morte ed è stata una cosa molto interessante che ha interessato tante persone, perché Proietti era nel cuore un po' di tutti. E, come tu vedrai, la relazione non è stata fatta da me, ma da uno dei membri dell’associazione Riunite Arti di Macerata”.

Come è stato presentato il personaggio di Proietti?

“E’ stata fatta una lunga analisi della sua biografia che ha intrattenuto per circa un’ora e mezzo gli spettatori”.

Proietti era apprezzato a livello mondiale, ma nei territori come era sentita la sua arte?

“Ha fatto molto piacere rivedere degli spezzoni dei suoi film con Montesano Febbre da Cavallo particolarmente, Il maresciallo Rocca che l’ha imposto alla popolarità generale con tante puntate ed edizioni che hanno fatto la fortuna dell’audience, dell’auditel della Rai”.

Chi c’era con te in conferenza?

“Io ero pendant. Come ti ho detto, se tu vedi il manifesto c’era uno degli aderenti, Danilo, dell’associazione che ha organizzato l’evento stesso che fa capo a Irene Dipre e Gianluca Longhi. Irene Dipre presenterà un suo libro autobiografico per metà il 27 novembre alla Bottega del Libro in Corso della Repubblica a Macerata”.

Tra i tanti personaggi con cui il lavoro ti ha portato in contatto c’è stato anche Proietti?

“No, Proietti no. Non ho avuto mai il grande onore, il grande piacere, di conoscerlo. Soltanto una volta a Treia, al teatro di Treia, fu rappresentata una sua pièce e la sera stessa cenai con la protagonista e ebbi piacere di apprezzare come Proietti, telefonando alla sua allieva, si informasse meticolosamente e premurosamente di come fossero andate le cose. Un vero maestro”.

E’ stato sottolineato il fatto abbastanza curioso che è nato il 2 novembre ed è morto il 2 novembre?

“Si e infatti solo i grandi certamente, solo i grandi come Shakespeare hanno avuto questa fortuna 1travirgolette e in questa coincidenza a indicare il talento ed è stato questo uno degli argomenti di riferimento anche della conferenza di ieri”.

Il pubblico ha fatto domande specifiche e si è tolto curiosità?

“Non c’è stata nessuna domanda in realtà e io intervenivo dialogando con il protagonista della relazione, della conferenza, Danilo”.  

 

Che altro si può dire su questo fantastico attore?

“Lui era un figlio del popolo e anche un figlio dell’Umbria, il padre era umbro ed è stato giustamente posto in rilievo, come la sua arte e le sue tracce avessero predecessori importantissimi, a cominciare dal grande Petrolini, Ettore Petrolini. Ma il progenitore di tutti è stato Gaetano Santangelo burattinaio del settecento detto Gaetanaccio a cui si deve la figura di Rugantino”.

 

La manifestazione è stata ospitata presso il circolo Acli del quartiere collevario di Macerata ed il lavoro su questa operazione è stato fatto da Danilo Onori.

 

sabato 15 novembre 2025

Musica confronto con Davide Dellisanti Pianista che porta la lirica italiana a livello internazionale

 

Davide Dellisanti è un pianista romano conosciuto a livello nazionale ed internazionale. In questa intervista ha voluto raccontarci la sua carriera.

Quando iniziò esattamente la sua carriera di pianista

“Diciamo che l’interesse per la musica è iniziato a tredici anni cosi per caso. Ricordo che ero un bimbo un po' triste perché non mi piaceva tutto quello che piaceva ai miei coetanei. Quindi, da lì, ho iniziato un po' a guardarmi intorno e un giorno mi ricordo così per caso ero dalle suore a Taranto a Piazza dell’Immacolata dove andavo il pomeriggio ad aiutare per fare i compiti a fare attività anche ricreative e lì ci fu una ragazza bionda che, praticamente, si mise al pianoforte e suonò un brano e io da lì diciamo dentro di me, capii che volevo fare questo nella vita perché mi creò molte emozioni. Quindi tornai a casa ne parlai ai miei genitori e un po' da lì in avanti ci fu tutta la storia. Purtroppo poi avendo solo mio padre che lavorava quattro figli maschi per noi era difficilissimo comunque andare avanti. Quindi io mi ricordo che mi affacciavo sempre in un negozio di pianoforti e guadavo sempre la vetrina perché avere sempre un pianoforte per me era il mio sogno  oramai. Con il proprietario di questo negozio poi ci ho fatto amicizia e lui ha detto guardi io ho bisogno di un ragazzo che sta qui il pomeriggio o la mattina così io posso andare a fare i lavori ai clienti e ho una persona qui che sta attenti ai pianoforti, se viene qualcuno li mostra e mi ha insegnato anche tanti lavori. Quindi avevamo quest’accordo, lui non mi pagava però io stavo lì e imparavo anche  a riparare i pianoforti, lui mi lasciava anche da fare delle cose che oggi mi ritrovo. Quindi da lì poi è nata questa cosa e ho iniziato a studiare, ho studiato tantissimo e ho scopetto poi infatti di avere talento per questo, ripeto, facendo enormi sacrifici perché la mia famiglia mi ha aiutato per quello che poteva ovviamente. Però cecavo sempre di non appesantirla e poi sono entrato al conservatorio di Bari, ho completato i miei studi lì. Contemporaneamente ho iniziato a studiare canto lirico perché mi affascinava l’opera e, benchè facevo i concorsi da solista, vincevo sempre, però avevo capito che non era proprio quella la mia strada. Perché mi piaceva più condividere la musica. E, quindi, l’opera lirica che è la forma più completa d’arte  perché le abbraccia un po' tutte le arti: dalla pittura alla danza, cioè c’è tutto in un’opera lirica. E, quindi, mi sono perfezionato proprio in questo settore diciamo. Da lì poi è nata la mia carriera, perché in poco tempo sono diventato il  pianista dei più gradi cantanti lirici. In primis Nicola Martinucci che era della mia città. Poi Carmen Appollonio, poi ho collaborato con tutti i più grandi: da Giacomini, poi Placido Domingo Raul Jimenez, un po' tutti i più grandi della lirica, Aprile Millo. E adesso, attualmente, insegno in conservatorio a Potenza proprio questa materia pratica dell’accompagnamento pianistico. Ossia insegno ai pianisti a diventare accompagnatori o di cantanti o di strumenti, perché è un lavoro un po' diverso diciamo  quello del solista, perché il solista non deve rendere conto a nessuno se non a uno spartito, invece l’accompagnatore deve rendere conto alla persona con cui sta interagendo, diciamo. E, quindi, è un lavoro un po' diverso di ascolto anche. Quindi bisogna anche avere questa attitudine, saper ascoltare. Quindi questo è, diciamo un po' un riassunto breve. Ho studiato direzione d’orchestra, ho diretto anche grandi nomi come Josè Cura orchestre importanti come l’orchestra Čajkovskij di Mosca, la Cairo Symphony. Sono stato per sette anni all’Opera del Cairo a lavorare in teatro come preparatore come vocalcoach e maestro del coro, sono stato ad Ankara sei mesi e adesso giro un po' in tutti i teatri all’estero dove fanno un po' opera italiana per preparare i cast delle opere. Quindi il prossimo concerto per esempio sarò a Barcellona, poi tante altre cose che si sviluppano nel tempo”.

Chi furono i suoi primi maestri di pianoforte?
Ho iniziato con una bravissima maestra che era Daniela Panaro perché poi bisogna avere anche fortuna in questo e veramente ho iniziato a studiare prima con un’altra maestra poi, successivamente, con Daniela Panaro che è stata veramente la mia maestra e poi successivamente, con il maestro Emanuele Arciuli al conservatorio di Bari. Loro sono stati proprio i miei maestri più importanti. Poi mi sono perfezionato con grandi nomi come Aldo Ciccolini,

Lazar Berman e, tanti altri, diciamo. Però loro mi hanno formato sicuramente”.

 

Qual è il primo consiglio che da questi grandi maestri e da tutti i cantanti e gli artisti che ha accompagnato e accompagna, è riuscito a ricevere e fare suo?

“Ma, io credo che la cosa più importante sia lo studio, perché oggi i ragazzi cercano tutti le scorciatoie, le raccomandazioni. Non studiano ma vogliono la vita facile; ma soprattutto i genitori dei ragazzi noto che hanno questo atteggiamento sempre. Io non ho avuto mai nessuna raccomandazione. Io sono arrivato a Roma che avevo in repertorio già almeno cinquanta opere liriche e, quindi, mi chiamavano tutti perché c’è sempre bisogno poi di chi si siete e suona tutta la Tosca non le arie solo, Quindi la mia carriera è iniziata da questo; non posso dire di essere stato raccomandato. Sicuramente quando mi hanno sentito i più grandi della lirica mi hanno apprezzato tantissimo, mi hanno voluto come loro pianista in molte masterclass, in concerti, come assistente. Però io ho sempre studiato e continuo a studiare tanto, proprio perché io credo che la chiave di tutto sia proprio lo studio perché i raccomandati fino ad un certo punto poi dopo bisogna essere all’altezza della situazione; quindi io questo ho imparato e questa è sicuramente la chiave di tutto. Però oggi, purtroppo, i ragazzi non vogliono fare sacrifici questo è il problema.  La maggior parte, debbo dire, vogliono trovare sempre scorciatoie. Io studiavo a Milano con un maestro, mi mettevo nel treno la notte seduto con i treni di una volta non quelli di adesso, arrivavo a Milano con il mal di denti, facevo lezione e tornavo. Facevo due notti così perché sapevo che quella lezione per me era più importante di comprare un jeans o di altro. Invece oggi c’è tutt’altro atteggiamento mi dispiace, è un po' finito tutto secondo me”.

Lavorare all’estero quanto è stato utile per perfezionarsi e, soprattutto, che reputazione c’è oggi della lirica italiana all’estero?

“Io posso dire che all’estero intanto ho incontrato dei colleghi veramente di altissimo livello, Il paradosso è che nei teatri italiani molti di questi colleghi non arrivano. Io non parlo di me perché non voglio parlare di me, ma i più grandi direttori, i più grandi cantanti, nella maggior parte dei casi li ho trovati proprio all’estero; perché in Italia non hanno tutta questa facilità perché c’è un giro di agenzie troppo grosso; hanno dato troppo valore alle agenzie i teatri perché, purtroppo, essendo incompetenti molti direttori artistici dei teatri, non sanno scegliere le voci. Allora si affidano a delle agenzie. Nelle agenzie, ovviamente, ci sono tutti gli interessi dietro economici. E, quindi, certi teatri prendono un pacchetto  completo di venti cantanti tutti da un’agenzia e, quindi, questo è il dramma. Invece all’estero funziona completamente in maniera diversa perché ci sono i cantanti stabili in ogni teatro che fanno tutte le opere. Quindi vengono stipendiati regolarmente e durante l’anno debbono fare il lavoro che gli viene chiesto come al Cairo appunto. Quindi io quando vado lì, preparo sempre quei cantanti che fanno diversi titoli in base all’anno. In Italia invece ogni opera cambiano i cast però siamo sempre lì vorrei dire. Si vedono sempre gli stessi nomi di basso livello per altro. Io non vado più al teatro dell’Opera in Italia, se non raramente perché, purtroppo, il livello dei cantanti in Italia è sceso molto perché, ripeto, si vedono sempre gli stessi nomi. Quindi preferisco non andare, non soffrire; questa è la mia visione ovviamente”.

Oltre al pianoforte suona altri strumenti?

“No, io sono un pianista solamente classico e di opera lirica. Nel mio repertorio oggi faccio anche concerti da solista. Sono un direttore d’orchestra, soprattutto di opera lirica. Mi sono specializzato in questo. Poi mi è capitato di lavorare in televisione per diversi anni a Canale 5 dove ho accompagnato anche nomi come Alessandra Amoroso, Antonella Ruggero ed altri. Ma per noi è facile la musica leggera, non bisogna avere una specializzazione in questo se si viene da un percorso classico ovviamente. Il jazz per esempio non è per me. Ho provato, ma non ho questo tipo di creatività nel comporre in chiave jazz. Proprio non fa parte di me”.

 

 

Vediamo un attimo lei come si adatta ai palcoscenici di ogni teatro, perché ogni artista ha un suo modo di adattarsi ai palcoscenici dei teatri?

“Diciamo che, sicuramente, il lavoro del pianista accompagnatore o maestro sostituto, ha diversi nomi questo lavoro perché può fare tante cose, in un teatro, maestro di palcoscenico. Diciamo che la prima caratteristica che bisogna avere per fare questo lavoro è sapersi adattare a tutto, perché si lavora con direttori diversi che hanno idee diverse, che hanno tempi diversi, cantanti diversi. Ci sono molti divi in giro bisogna avere anche molta pazienza soprattutto con i cantanti. Purtroppo, molte volte per l’insicurezza che hanno certe volte hanno un atteggiamento anche arrogante. io dico certe volte, fortunatamente. Questo lo sottolineo perché non è sempre così. E, quindi, bisogna avere adattamento ma anche sapere. Cioè io so chi sono e, quindi, quando bisogna difendere la propria lo faccio; in maniera educata. Però debbo dire che raramente ho avuto problemi perché i cantanti mi stimano molto, sanno che se do dei consigli li do proprio perché possano migliorare non abbiano problemi con un direttore d’orchestra. Lo studio dello spartito è fondamentale perché molti cantanti si soffermano troppo sull’aspetto vocale, ma non della scrittura che se c’è un accento, se c’è una legatura, se c’è un crescendo, da una frase a un’altra bisogna farlo perché ha un senso. Quando noi parliamo non parliamo sempre con la stessa intonazione o con la stessa dinamica. Cambiamo proprio perché ci sono delle parole che debbono essere sottolineate. Invece oggi molti cantanti si soffermano solo  sulla voce e molti maestri di canto, purtroppo, sono una rovina per i cantanti, perché parlano solo di tecnica e poi li mandano nei concorsi magari con le voci belle tecnicamente, ma non hanno capacità artistica che invece all’epoca la parola era fondamentale per i cantanti. Addirittura molti non sanno neanche il libretto dell’opera e la trama. Cantano le note e basta”.

Lei come vede il futuro del vostro lavoro?

“Ma, guardi, non lo so perché se non si prende un’altra direzione. Bisognerebbe fare una pulizia nei teatri italiani purtroppo, perché da quando è entrata la politica nei teatri ha rovinato tutto. Perché, purtroppo, è gente incompetente che sta lì perché ha un incarico politico e, quindi, iniziano ad aprire anche ai parenti le finestre. Quindi si inventano direttore casting, tutti ruoli che non sono mai esistiti. Prima c’era il direttore artistico pure nei conservatori. Cioè all’epoca avevamo Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi, erano a capo delle situazioni. Oggi chi abbiamo? Se dovessi fare dei nomi uno riderebbe. Direbbe come fino a ieri ha fatto il camionista, oggi sta a dirigere un teatro con tutto il rispetto per il camionista magari. Io prendo un esempio come per dire faceva tutt’altro lavoro però. Un altro allenava la squadra di football e lo troviamo come sovraintendente o direttore artistico in un teatro perché ci sono i soldi nei teatri che girano e, quindi, ci sono tutti questi personaggi. Infatti io non lavoro mai nei teatri italiani; non mi è mai interessato perché la figura del pianista è gestita molto male nei teatri, è molto sfruttata e non vale la pena. Lavoro all’estero mi trattano come un re e sono molto contento diciamo. In Italia non si può diciamo. Non capiscono proprio il valore del pianista. Però quando manca si ferma l’opera; perché poi dopo non si può fare un’opera senza il pianista nelle prove. Poi dopo arriva l’orchestra alla fine, ma prima per montare un’opera ci sono le prove di regia, le prove le prove musicali dove il direttore mette a punto i tempi, tutto quello che deve mettere a posto, poi arriva l’orchestra. Quindi, se non c’è un pianista bravo, si ferma tutta la macchina purtroppo. Invece nel conservatorio ho più soddisfazione debbo dire, perché faccio proprio il mio lavoro. I ragazzi sono molto sensibili a questa materia che può dare anche tanto lavoro perché c’è molta richiesta di questi pianisti specializzati ad accompagnare i cantanti e preparare”.

 

Siccome nella vita non si finisce mai di imparare, lei che metodo usa per continuare ad aggiornarsi?

“Ma, sicuramente oggi abbiamo internet che ci facilita molto tutto. Però mi piace ascoltare dischi 33 giri perché ci sono tanti cantanti direttori che noi non conosciamo oggi. Quindi nei 33 giri è bello sentire come si dirigeva un’opera rispetto ad adesso, quali erano i tempi, le tradizioni, le cadenze, le variazioni; tutto un altro mondo. Quindi, sicuramente, vado indietro non vado avanti proprio per capire meglio questo mestiere”.

Vuole aggiungere altro?

“No, io penso di aver espresso un po' tutto. Sicuramente un invito ai giovani a guardare anche intorno  perché tutti vogliono fare i solisti, ma non c’è posto per tutti e poi non tutti nasciamo solisti.    La musica può offrire tanti lavori, quindi ognuno di noi sicuramente è nato per fare qualcosa come chi suona in orchestra e se tutti volessero suonare il violino non avremmo tutti gli altri strumenti. Quindi bisogna capire in quale ruolo si sta meglio”.

 

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venerdì 14 novembre 2025

Standing ovation per Allevi Ascoli abbraccia il suo Maestro all’anteprima del docufilm Allevi - Back To Life


Una lunga standing ovation ha accolto Giovanni Allevi al termine della proiezione in anteprima del docufilm Allevi - Back To Life.
Nella gremita sala del Cinema Odeon di Ascoli Piceno si è vissuto un momento di rara intensità, il pubblico, ancora profondamente toccato dalle immagini e avvolto dalle note del docufilm, ha accolto l’artista con un applauso lungo e commosso: prima un silenzio carico di emozione, poi un affetto collettivo che ha reso omaggio alla sua lotta e al luminoso ritorno alla musica di un grande artista capace di trasformare il dolore in bellezza.

 

“Il mio dolore viene sublimato attraverso la musica e questa trasformazione diventa universale, collettiva, può essere condivisa. — Ha detto Allevi durante un’intervista — Le tante persone che vivono un momento di difficoltà, ascoltando la mia musica, nata sul letto d’ospedale, possono trovare un po’ di forza, un po’ di coraggio e magari riuscire a cogliere anche un po’ di poesia all’interno del dolore”.


Emozionante il saluto che il Maestro ha voluto rivolgere al pubblico, alla sua insegnante di pianoforte la professoressa Anna Maria Bucci presente in sala, e la generosità con cui ha firmato autografi e scambiato parole con i fan.

 

Il film ha restituito con delicatezza e intensità il percorso umano ed artistico di Giovanni Allevi: la malattia, la sofferenza, la creatività, la musica che si fa medicina per una rinascita nella sua città natale sul palco di Piazza del Popolo di Ascoli Piceno.

Cuore pulsante dell’opera è il Concerto per Violoncello e Orchestra “MM22”, scritto da Allevi nella stanza d’ospedale a partire dalle sette lettere della parola della sua malattia “Mieloma” secondo un procedimento matematico usato da J. S. Bach nel 1750, un diario sonoro che attraversa angoscia, buio, speranza e gioia.

Le immagini raccolgono anche il momento straordinario dell’incontro, dopo tre anni, con i professori dell’Orchestra Sinfonica Italiana per la prima esecuzione delle struggenti note del Concerto MM22, nato nel buio in cerca di una luce.

 

La serata è stata aperta da Andrea Agostini, presidente della Fondazione Marche Cultura-Marche Film Commission, l’assessore alla Cultura di Ascoli Piceno Donatella Ferretti ha portato il saluto della città a nome del sindaco e sul palco dell’Odeon è intervenuto Nicola Claudio presidente di Rai Cinema.

 

“Rai Cinema ha avuto il piacere di collaborare alla realizzazione del docufilm. - Ha dichiarato Nicola Claudio - Un lavoro pienamente coerente con la missione di Rai Cinema: promuovere il talento, valorizzare le idee e sostenere racconti che, con autenticità e visione, rendono protagoniste le vicende del nostro tempo. Allevi – Back to Life è una potente storia di rinascita in cui le note diventano dichiarazioni d’amore per la vita. Allevi affronta la malattia con un percorso personale sofferto, originale e profondamente umano: trasforma il dolore in musica e fa della sofferenza un punto di partenza per una rivoluzione interiore. Questo dono, un lavoro che emoziona e induce alla riflessione, è il messaggio di Giovanni Allevi.

 

 

 

Il film documentario Allevi - Back To Life  prodotto da Twister Film con Rai Cinema e Bizart è stato realizzato con il sostegno di Regione Marche PR FESR2021-27, Fondazione Marche Cultura - Marche Film Commission.

 

“Sento una profonda gratitudine verso il Maestro Allevi che ha saputo trasformare il suo vissuto più intimo e doloroso in un dono per la collettività. - Ha affermato il presidente Andrea Agostini - La fragilità, il dolore affrontato con coraggio, la capacità di trasmutare il buio in musica è per noi tutti una lezione di bellezza e resilienza. Sostenere questo film è stato fin dall’inizio un motivo di orgoglio, significava credere nel valore dell’arte come cura e come memoria condivisa e oggi più che mai, vedendo la sua luce accesa nella città di Ascoli e negli occhi del pubblico, riconosciamo un grande esempio di speranza che parla al cuore della comunità”.

 

 

Il Concerto “MM22” è disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 14 novembre; il film Allevi - Back To Life uscirà nelle sale cinematografiche italiane lunedì 17 novembre.