domenica 25 ottobre 2020

L’ emergenza COVID19 in sanità

 


 

 

L’ emergenza COVID19 in sanità, Ascoltiamo Arianna Mancini che nella sanità pubblica ci lavora.

 

 

Quando il COVID ha fatto la sua comparsa in Italia e in Europa qual è stata la tua reazione da operatrice della sanità e da cittadina?

 

“L’infezione da SARS COV2 è divenuta nel tempo un’emergenza mondiale. Pensare ai primi titoli dei vari mass media nazionali, che riportavano notizie del primo focolaio di Wuhan, faceva presupporre che tutto potesse risolversi, in quanto localizzato. Da questa sicurezza data anche dal supporto delle autorità locali e nazionali, si è passato ad avere dei primissimi casi nelle regioni circostanti e successivamente in ogni continente. Da cittadina e da professionista la prima sensazione è stata di insicurezza totale e paura dettata soprattutto dalla non conoscenza del nemico. Accanto ad esse, la certezza assoluta che il nostro Sistema Sanitario Nazionale avrebbe sostenuto questa criticità. L’Emergenza della prima ondata ha evidenziato quanto il nostro Sistema Sanitario Nazionale e Regionale per natura  “dinamico” sia stato messo a dura prova. Punto di partenza per riprogrammare ed implementare i punti salienti per un bene comune come la Salute. In particolare  rafforzando la medicina territoriale anche mediante l'introduzione dell'infermiere di famiglia e di comunità”.

 

Quali difficoltà hai avuto, se ne hai avute, ad abituarti all’idea di portare le mascherine e le visiere anticovid?

 

“Il Covid19 ha introdotto nella nostra quotidianità come nel nostro lavoro il concetto di “contagiosità”, “quarantena”, “polmonite interstiziale bilaterale”, “assembramento”, “distanziamento sociale” ed altro ancora. Il concetto fondamentale che si è andato a delineare è stato protezione. Indossare mascherina, tuta, occhiali, visiera e molto altro è stato fin da subito essenziale. Non posso nascondere delle criticità, non nell’indossare i presidi di protezione individuale ma per le conseguenza che ne derivano. Ancora ricordo il primo turno in ospedale con lividi sul volto e gli occhiali che si appannavano unita alla sensazione di “mancanza di respiro" sotto quell’armatura. Ma sono questi momenti che, come cittadina oltre che professionista, ti fanno comprendere quanto indossare mascherina, mantenere il distanziamento sociale ed il lavaggio delle mani siano davvero delle pratiche imprescindibili. Ricordo che l’azione di una persona poi si ripercuote inevitabilmente sul benessere di tutti”!

 

Quali fonti informative hai usato per cercare di tenerti informata su questo covid?

 

La letteratura di riferimento è molto ampia. Credo che l’aggiornamento sia indispensabile. Consulto le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’Istituto Superiore delle Sanità e Ministero della Salute. Un ruolo importante è rappresentato anche dagli studi internazionali e linee guida definite dal “Center of Disease Control and Prevention” di Atlanta. In ultimo ma non per importanza, anche tutta la letteratura in materia su riviste indicizzate e piattaforme online”.

 

Come hai vissuto il lockdown?

 

“Il lockdown è stato un periodo importante pieno di mille sensazioni. Ha sottolineato l’importanza di essere uniti. L’ho vissuto da un lato con il timore che potessi in qualche modo diffondere  il virus verso i miei cari. Consapevole che una svista o poco più bastano in tal senso. Dall'altro ho cercato nella mia quotidianità di mantenere uno spirito di tranquillità perché consapevole dell’importanza di tale processo vista la criticità riscontrata.  Non nascondo che il lockdown si è ripercosso su tanti aspetti della nostra società”.

 

Quali insegnamenti ti ha dato quest’emergenza da mettere in pratica anche nella vita di tutti i giorni?

 

“L’emergenza della prima ondata mi ha insegnato come cittadina che il bene del singolo equivale al bene collettivo. Insegnamenti? Indossare la  mascherina, mantenere il distanziamento sociale ed il lavaggio delle mani è abc di ogni cosa in questa criticità. Ora siamo all’inizio della seconda ondata e sarà un lungo periodo. Facciamo tesoro di quanto appreso nella prima emergenza”.

 

 

Quale consiglio daresti ai giovani come te per affrontare al meglio questa seconda andata al COVID?

 

“Consigli? Utilizzerei due terminologie: responsabilità e consapevolezza. Tutti siamo consci di quanto è accaduto in questi mesi e di come purtroppo siano venute a mancare molte persone. All’inizio è passato un messaggio a mio parere errato, cioè che il COVID 19 non colpisca i giovani. Mi rivolgo ai ragazzi con una piccola riflessione: “Capisco l’importanza di socializzare, ma in questo momento credo che sia un piccolo sacrificio di cui possiamo fare a meno  nel rispetto della sicurezza con distanziamento, utilizzo di mascherina ed igiene delle mani". Serve tempo e molta pazienza. Ricordando quanto essere responsabili contribuisca a salvare la vita di chi ci è vicino. Sono convinta che l’aiuto di tutti sia criterio fondamentale in questa emergenza. Quindi attenzione”!

 

 

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