giovedì 11 giugno 2020

Coronavirus parola agli studenti universitari Francesca Camilla Bollettini

Proseguendo il nostro giro per capire come vari settori della società italiana stanno affrontando l’emergenza coronavirus, ascoltiamo oggi la voce degli studenti universitari grazie alla testimonianza di Francesca Camilla Bollettini dell’associazione Officina Universitaria. 

Può raccontarci la sua esperienza nell’associazionismo universitario? 
“La mia esperienza comincia il 30 ottobre 2014, quando subito dopo essermi iscritta e aver ritirato la matricola universitaria ho cominciato a fare campagna elettorale per Officina Universitaria. Li conoscevo, ne facevano parte alcuni miei amici e condividevo i valori dell’associazione. Fino al 2017 il mio impegno in Officina è stato solo parziale, poiché impegnata nell’esecutivo regionale della Rete degli studenti medi Marche. Finito quell’impegno ho potuto dedicarmi maggiormente all’associazione universitaria. Ho partecipato a tre elezioni studentesche e ora sono stata eletta come rappresentante di Lettere e Senatrice accademica”. 

Con quali enti o istituzioni interloquisce l’associazione? 
“Principalmente con l’Università, i docenti e gli uffici. Essendo rappresentanti e operando a Macerata i primi diretti rapporti li abbiamo con loro. Ci rapportiamo inoltre con diverse associazioni cittadine e non. Ci rapportiamo con Libera, da poco nata a Macerata, con l’Arci che sta nascendo. Abbiamo collaborato con il Fridays for future nell’organizzazione degli scioperi globali per il clima. Abbiamo poi un rapporto con la Cgil e l’Anpi. Inoltre manteniamo un dialogo con le altre associazioni studentesche maceratesi nell’ambito degli organi di rappresentanza e con altre associazioni regionali, come la Rete degli studenti medi Marche e l’Acu Gulliver di Ancona”. 

Vi siete confrontati con altre associazioni universitarie nazionali per far sentire la voce degli studenti in questo momento di emergenza? 
“Sì, ci siamo rapportati con l’Unione degli Universitari. Avendo anche fatto campagna elettorale l’anno scorso per Fosca Feliziani, candidata marchigiana con l’Udu, in occasione del Cnsu, poi eletta. Riteniamo infatti che le problematiche degli studenti oggi richiedano una risposta di sistema e che le singole università non possono essere lasciate sole. Non parliamo solo di didattica ed esami, ma anche di concorsi, tirocini, tasse universitarie, affitti e concorsi. Si tratta di problematiche nazionali e quale miglior strumento per agire se non quello del CNSU (consiglio nazionale degli studenti universitari). Organo di contatto diretto col Miur”

 Quali richieste hanno fatto di più gli studenti in questo periodo? 
“Le prime richieste ovviamente sulla didattica online. Quando abbiamo capito che saremmo rimasti con le sedi chiuse a lungo la prima preoccupazione è stata come fare a riprendere le lezioni. La paura era di trovarci a maggio, a cavallo della sessione esami, con ancora i corsi da fine. In quel periodo erano in corso anche gli esami della sessione di marzo, riservata a laureandi e fuoricorso, quindi molte domande le abbiamo ricevute in merito allo svolgimento degli esami via skype. Successivamente è stata tirata fuori la questione delle lauree. La sessione straordinaria era prevista, e si sta svolgendo, per aprile. La tensione degli studenti era molta, come si può immaginare. Solitamente si arriva ad un mese dalla laurea stressati, forse un po’ esauriti e questo anche senza che ci sia in corso una pandemia. Ritrovarsi così, senza sapere con certezza le modalità di consegna tesi, le difficoltà a reperire i libri e abbracciando pian piano l’ipotesi di doversi laureare dentro casa, rinunciando ai classici festeggiamenti. Devo dire che l’università di Macerata è stata strepitosa, dando agli studenti la possibilità di scegliere se laurearsi ad aprile oppure in una sessione straordinaria organizzata ad hoc. Le richieste poi si sono orientate verso le problematiche delle tasse e degli affitti, spese difficili da sostenere per una famiglia (o uno studente) che si ritrova senza lavoro e senza entrate”. 
 Vi siete occupati anche di riportare in Italia gli studenti all’estero?  
“Noi non direttamente, abbiamo monitorato la situazione e ci siamo tenuti in contatto con la sezione affari esteri dell’Udu, a sua volta in contatto con la commissione Erasmus e con le associazioni studentesche internazionali. Abbiamo scritto una lettera al Ministro degli esteri, la cui risposta è stata pubblicata anche sul Sole24ore. Anche il Rettore se n’è occupato per quanto riguarda la nostra università e l’Io ha lavorato a pieno ritmo. Il viaggio di ritorno poi era affidato alla Farnesina e alle ambasciate, che data anche la crescente quantità di voli cancellati, ha mostrato non poche difficoltà, dando vita talvolta a delle vere e proprie odissee”. 
Quali richieste hanno fatto invece le famiglie? 
"Come associazione universitaria non abbiamo a che fare direttamente con le famiglie, anche perché i nostri studenti sono almeno 20enni, è con loro che ci rapportiamo. In ogni caso lo studente fa da specchio a quelle che sono le esigenze delle famiglie, principalmente parliamo delle questioni delle tasse e degli affitti. Appunto, spese ingenti se ci si ritrova senza entrate economiche da un giorno all’altro”. 
 Quale facoltà universitaria frequenta e quali problematiche vi siete trovati ad affrontare? 
“Io frequento Filologia Moderna, la magistrale del corso di Lettere, di cui sono anche rappresentante. Le problematiche sono state quelle comuni a quelle di tutte le altre facoltà. Principalmente l’incertezza all’inizio. I docenti a fine lezione ci salutavano dicendo “chissà se ci rivedremo domani” “ragazzi, speriamo di vederci domani”. Quelle prime settimane infatti vedevano le università optare per l’apertura e quindi noi rappresentanti cercavamo di rassicurare gli animi e riferire quanto poco prima ci era stato comunicato dal Rettore e poi magari alle 18/19 arrivava la comunicazione dalla Regione, che invece stabiliva la chiusura di tutte le strutture. Passato questo primo momento, quando è stato chiaro che non saremmo tornati in presenza molto presto, la problematica è stata quella di riprendere la didattica, riprendere i corsi. La nostra università prevedeva già una piattaforma per gli studenti e-learning, quegli studenti che si iscrivono e seguono la didattica solo a distanza, ma i server non erano assolutamente pronti per la quantità di studenti che normalmente prendono parte alla didattica ordinaria/in presenza. Neanche i docenti erano pronti e probabilmente neanche noi studenti. Si è trattato di inventarsi la didattica da un giorno all’altro, imparare a usare nuovi mezzi e fare i conti con i limiti della tecnologia. Nonostante tutto quasi tutti i docenti si sono attivati quasi subito, optando per metodi diversi. Non tutti sono stati virtuosi, c’è da dirlo, magari non per colpa loro, per limiti tecnologici personali o per svariate altre motivazioni. Ora la situazione è stabile, oltre il 90% dei corsi è stato attivato online e si stanno svolgendo con regolarità. In merito a questo c’è da dire che la didattica online ha fatto emergere un dato che le studentesche da tempo cercano di portare all’attenzione nazionale, ovvero la presenza di studenti di “serie A” e studenti di “serie B”. Purtroppo, non tutti hanno accesso agli stessi servizi, non tutti hanno un pc adatto per seguire le videolezioni o una buona connessione wifi. Molti seguono le lezioni dal telefono o usando i dati del cellulare. Avere una buona connessione a internet o un buon computer in questo momento fa davvero la differenza”. 
 Lei ha sostenuto esami in questo periodo, se si com’è la qualità degli esami? 
“Non ho sostenuto esami, qui da noi la sessione di marzo è riservata a laureandi e fuoricorso, quindi numeri minori rispetto a quanti sostengono gli esami a gennaio e febbraio. Non mi sono giunte lamentele in merito agli esami svolti, sicuramente è stato un po’ strano, ma non mi sembra ci siano stati problemi”. 
 Quale qualità garantiscono le lezioni online? 
“Bhè, la qualità dei docenti rimane invariata, quello che cambia sono i mezzi utilizzati. Alcuni professori hanno optato per delle videolezioni, altri invece hanno caricato documenti, slide e audio di spiegazione. Non è la stessa cosa, certo. La presenza fisica a lezione manca a tutti, docenti e studenti, anche se in questo modo non c’è più il problema di trovare posto in aula o di cercare la presa per il computer. quello che maggiormente viene a mancare è il dialogo tra le parti, si cerca di ovviare con il forum, gli interventi, le mail, ma non è la stessa cosa. Soprattutto nelle lezioni di magistrale, dove tendenzialmente si è in pochi e la lezione è molto interattiva, si fa ricerca insieme, ci si confronta su articoli e fonti. Come ho detto prima, in questo caso, quello che fa la differenza nella qualità della didattica non è tanto il mezzo utilizzato, ma i mezzi posseduti”. 
Quali sono le richieste degli studenti per quando tornerete in sede?  
“Credo che la richiesta maggiore sia proprio quella di tornare e di tornare alla normalità. Non sappiamo quando succederà o come succederà. Una città universitaria solitamente è popolata durante i corsi e poi si va svuotando quando comincia la sessione esami, quindi non sappiamo se quando si tornerà alla normalità torneremo effettivamente in facoltà. In ogni caso penso che ad ora la voglia sia solo quella di tornare a vivere normalmente. A fare i giovedì sera universitari passeggiando in giro, a fare aperitivi per festeggiare i piccoli traguardi o superare le piccole sconfitte. Tornare al cinema in inglese il martedì e a studiare in biblioteca. Per quanto riguarda me e la mia associazione, speriamo di poter tornare a riunirci nella nostra sede, a fare riunione e poi andare al solito pub a finire la serata”. La vita da fuorisede “Io sono tra quegli studenti che è dovuta e ha scelto di non tornare a casa, ma di rimanere a Macerata. Anche la casa universitaria si è svuotata, siamo rimasti in due, almeno ci facciamo compagnia. Prima casa mia era “un porto di mare”, spesso venivano gli amici per fare pranzo insieme o solo per prendere un tè. In realtà anche io entravo e uscivo continuamente. È strano non poter tornare a casa quando vogliamo, mi manca il mio cane. Ma soprattutto ogni tanto penso alla differenza tra una casa universitaria e la casa di famiglia. Se fossi tornata a casa avrei una rete wifi fissa e abbastanza potente, qui uso i dati del telefono per seguire le lezioni. In particolare, penso alla differenza di spazi, oltre ai metri quadri effettivi, a casa ho un giardino e delle aree verdi intorno. Non essendoci molte case sarei potuta uscire col cane in sicurezza, qui ho solo un balcone e dà sulla strada e comunque mi rendo conto che questo è un lusso, soprattutto per una casa universitaria. Eppure anche da questo si può capire che “non siamo tutti uguali”, è facile dire di stare a casa quando si ha un ambiente piacevole e degli spazi consoni, più difficile è rimanere a casa (e non parlo del mio caso) quando si vive in un monolocale, o si ha una stanza di pochi metri, o anche quando si vive con persone violente. Tornando a noi fuorisede, non sono pochissimi quelli che come me hanno scelto di rimanere nelle città universitarie, molti altri invece hanno deciso di tornare”.

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